domenica 17 aprile 2011

Il mio diluvio

Da un po' di tempo ho una certa fissazione, almeno per quanto riguarda gli argomenti dei post: le persone. Vorrei parlare di quello che penso della gente, vorrei parlare della gente che mi circonda, vorrei cambiare il mondo che mi circonda e forse, come recitava una preghiera indiana tanto cara al Vecchio, dovrei usare tutte le mie forze solo per provare a cambiare me stesso.
In realtà non è che poi alla fine io abbia prodotto poi così tanto, in quanto a scritti concreti. Il fatto è che non riesco a trovare, tra un pensiero e l'altro, un modo giusto per descriverle, e cerco di idealizzare momento per momento la mia vita, come in una fantasia ad occhi aperti, nelle quali ogni tanto mi rifugio per sfuggire alla realtà. Beh, in un certo qual modo, voglio vomitare su di voi un po' di queste mie metafore tanto poetiche.
Immagino un cane: mi cammina accanto senza guinzaglio, ogni tanto si allontana ma poi torna sempre, e quando ne ho bisogno mi lecca anche in faccia; sono tutti gli Amici veri, quelli che mai potrò ignorare, quelli a cui mai dico di no, quelli di cui, a occhi chiusi, so di potermi fidare. Vedo la morte come l'addio al calcio di Roberto Baggio, il Divin Codino: la tua ultima "recita", San Siro in piedi ad applaudirti, e tu che hai la consapevolezza di aver cambiato le cose, e alla tua maniera. Vorrei dimenticare tutte le cose dolorose della mia vita- prendendo in prestito una delle mille perle di saggezza dell'alter-ego JD- ma le rivedo nella mia mente come fossero puntate di una sitcom scadente con sceneggiatori troppo pigri per inventare cose nuove. Penso ad una mano di poker, di quelle mani storte in cui sei convinto di essere vincente e alla fine, a cose fatte, ti senti un idiota, e vedo quei momenti che non ho colto, quelle occasioni che magari non pensavo neanche di poter avere e che ho perso.
Tra le altre novantanove paranoie che non cito neanche, una proprio non riuscivo a trasformarla. Per quanto continuassi a pensarci su, continuava ad essere reale, a non perdere nemmeno per un attimo quel suo essere così viva. E a cambiare tutto, a renderla finta, a trasformarla totalmente, un pizzico della Sub's philosophy , così soprannominata da quella sorella maggiore che non ho mai avuto, e che mi ha visto nella culla, forse l'unica ad averlo fatto, dinosauri a parte. Perchè in fondo era assolutamente l'ondata perfetta per infrangersi contro di me, e dopo aver sommerso tutto, sinceramente restava molto poco. Perchè è stata, senza saperlo, la cesta della sbronza molte e volte volte. Probabilmente ero solo un insetto o un giocattolo di indifferenza, ma sarei stato pronto a giurare di essere il suo samurai senza pace e senza guerra, nell'elastico dei suoi sentimenti. Perchè ha rappresentato il diluvio della mia adolescenza, e l'adrenalina delle mie verità. Perchè, in fondo, inconsapevolmente, era il tuffo dove il mare era più blu, e io ero il suo prossimo relitto...


P.S. Sono le 6 e trenta del mattino. Non dormo da 17 ore, e sono in partenza per seguirLa, ancora una volta. Perchè esserci per Lei è l'unica realtà migliore di tutte le fantasie.

lunedì 4 aprile 2011

Il mio sentiero

Partiamo da un semplice presupposto: la mia mente non funziona in modo normale. E' un luogo molto bizzarro, dove strane cose accadono. Può succedere che cose mai realmente accadute vi diventino realtà, e che invece la realtà diventi solo lo sfondo di un mondo totalmente diverso. Può accadere di visualizzare sempre le conseguenze possibili di ogni cosa, in modo da trovare sempre un pretesto per tirarmi fuori dalle situazioni. E accade che il mio amore per le metafore e per i simboli venga fuori, e ogni cosa perda il proprio significato per diventare solo immagine di qualcos'altro.

Una stradina di città, palazzi tutti intorno. Una splendida giornata di sole, e così tanto caldo da doversi quasi obbligatoriamente togliersi la maglietta, e restare a torso nudo.Davanti, lontano, la meta, un po' sfocata tra i riflessi del sole, e una camminata che ti porterà lì.
E si cammina, passo dopo passo, piede destro dopo piede sinistro dopo piede destro dopo piede sinistro. Accanto un paio di amici che non sembra abbiano capito che bisogna fare silenzio, e continuano a urlare e saltare. E in loro vedo tutto quello che non riesco ad accettare, tutto quello che non posso cambiare e che non riesco a spiegarmi. Dall'altra parte un altro paio di ragazzi, che camminano fianco a fianco a me, in silenzio, con i pugni chiusi. E' tutta quella gente di cui mi fido, quelle persone che mi sono accanto e che vivono il mio mondo.
La strada sembra non finire mai. Un incrocio, poi un altro, poi ancora altri novantanove, come tutte le insidie che ogni giorno spuntano fuori per farci barcollare. E' come se fosse un sentiero, e bisogna percorrerlo fino alla fine, per vedere che cosa ci sarà al di là della collina. E dopo la camminata, finalmente la meta, lo scopo. Il momento in cui, almeno per due ore, si possono escludere tutti i problemi e godersi la serenità. Il momento in cui si portano le braccia al cielo e ci si sfoga, in qualche modo. Il momento in cui ci si rende conto che esserci è la cosa più importante,e che al di là dei successi o delle sconfitte sia fondamentale continuare a combattere.
E' come se credessi che, una volta finite le stazioni, le strade, i tornelli e roba varia, arriverà sempre il momento in cui le preoccupazioni finalmente svaniranno, e arriverà la serenità, a prescindere dagli insuccessi che potranno venire, e che sicuramente verranno.
Per ora mi accontento di farlo solo when sunday comes, quando arriva il momento che aspetto per tutta la settimana, quando finalmente c'è uno scopo, una ragione per pensare oltre e per dare tutto me stesso.
Non lo so...tutta questa immagine potrebbe essere solo il delirio di un pazzo che vuole farsi forza in qualche modo. Ma mi piace pensare che sia una bellissima poesia...