martedì 22 marzo 2011

Il mio NumeroDue

Mi sembrava almeno doveroso omaggiare, dopo quasi 3 anni di sofferenze patite fianco a fianco, come due militari in guerra,che fanno carico l'uno delle necessità dell'altro, il mio fedele NumeroDue, il mio braccio meccanico, che non andrà in pensione, ma che purtroppo è stato tradito con NumeroDue 2.0, un altro braccio meccanico più giovane, più potente e che fa cose che il vecchio non fa.
NumeroDue è diventato mio un giorno lontano di qualche estate fa, premio per l'avventura che ero finalmente riuscito a terminare e incentivo per l'avventura in cui mi stavo lanciando. Dopo qualche giorno al mio servizio, era già ovvio che la sua esistenza non sarebbe trascorsa piacevolmente, tra virus potenzialmente letali, programmi poco chiari e la ripetuta tendenza a dover fare più cose insieme, tendenza che lui, come me, poco sopportava.
E' stato il mio braccio destro in molte cose, per esempio quando sulla panchina del Bari tentavo di portare alla nostra città i trofei che sogna, oppure quando passava gran parte del suo tempo su un sito assolutamente inutile(anche lui rimosso, molto tempo fa) cercando di spronare la mia modesta anzichenò vita sociale.
NumeroDue, solitamente, portava sul suo volto qualcosa di importante per me, come la foto di quella trasferta in cui mi sono preso secchiate d'acqua, o una bandiera, o la foto di un posto, o qualsiasi altra cosa. Sulla schiena ha un adesivo con il cane più famoso del mondo, e sotto la tastiera ne ha un altro, con un teschio, due ali e sei lettere ben precise. In questi due anni e mezzo mi ha fatto da televisione, radio, playstation, casinò, biglietteria di aerei e treni. E' riuscito, non sempre positivamente, a riempire tutti i miei secondi liberi, e per questo lo ringrazio e lo glorifico.
Presto NumeroDue passerà nelle mani di LaScusa, dove troverà la sua amica Clic, e una piccola lacrima scenderà dal mio viso, quando lo lascerò. Buona fortuna e grazie di tutto, NumeroDue..

martedì 8 marzo 2011

Le mie domeniche

Dio-o chi per Lui, in questo piccolo angolo di internet stiamo ancora cercando conferma- il settimo giorno, dopo aver creato tutto quello che creò, si mise la sciarpa, andò alla stazione, prese il treno e partì in trasferta. Entrò tranquillamente a spinta nel settore ospiti, si sistemò sui gradoni, alzò le braccia e iniziò a cantare. E vide striscioni, bandieroni, tamburi, megafoni. E disse che era buona cosa.
Noi viviamo tutta la settimana in attesa del giorno di riposo, presi da tutte le nostre occupazioni non vediamo altro che la fine. E se magari ci fosse il tempo di riposarsi, ok. Ma la domenica a casa, in poltrona, è proprio da trimoni.
Si esce presto la mattina, con il sole che ha ancora sonno e tarda a venir fuori, oppure svegli dalla sera prima, in treno o in qualche stazione sperduta della nazione. E si entra subito nel vivo, adrenalina che scorre unita alla stanchezza che già pesa sulle spalle. E si passano ore tra canti, binari e bevande fredde e bionde o calde e scure. E intanto l'attesa sale, l'attesa per quella maglia e quei colori che ovunque hai portato e che continuerai a portare con te per sempre.
E poi arriva il momento, quando si arriva alla Cattedrale di turno, prima un puntino lontano, poi solo un parcheggio ampio e una serie di tornelli da superare, in un modo o nell'altro. E finalmente lì, la distesa verde davanti agli occhi, pian piano si cerca il posto migliore per non vedere la partita e via che si va. Quelle due ore, è per quelle due ore che noi viviamo... Estasi mistica, per dirla in due parole. Quel momento in cui senti contemporaneamente gli arti distruggersi e rinvigorirsi per continuare a lottare, la voce che sfila piano piano e la rabbia che sale quando dalla distesa verde non cacciano la palle e si trascinano avanti e dietro come anime in pena. La mani che tengono quello stendardo che tanto fa emozionare, il coro che sputi fuori con tutti i polmoni e alla fine via, un'altra sconfitta dietro a tutte le altre, e il sorriso amaro ma non troppo di chi sta per retrocedere e non se ne cura.
E quando si riprende il treno, direzione casa, doccetta e dormita, ormai la partita è andata, tutta la stanchezza e i dolori vengono fuori insieme alla frustrazioni e ai rimpianti della giornata(o alla gioia incontrastata, dipende dalla squadra per cui tenete...).
Ieri Amica mi ha fatto notare che da novembre a oggi ho sprecato tutte le mie domeniche. Io ci ho pensato su un attimo: ogni volta perdiamo la partita, i soldi, i neuroni, qualche ora di riposo e tempo che potevamo utilizzare più produttivamente. E sono arrivato alla risposta: non le scambierei per niente al mondo, le mie domeniche(che presto diventeranno sabati, ma questo è un'altro discorso...).