martedì 8 marzo 2011

Le mie domeniche

Dio-o chi per Lui, in questo piccolo angolo di internet stiamo ancora cercando conferma- il settimo giorno, dopo aver creato tutto quello che creò, si mise la sciarpa, andò alla stazione, prese il treno e partì in trasferta. Entrò tranquillamente a spinta nel settore ospiti, si sistemò sui gradoni, alzò le braccia e iniziò a cantare. E vide striscioni, bandieroni, tamburi, megafoni. E disse che era buona cosa.
Noi viviamo tutta la settimana in attesa del giorno di riposo, presi da tutte le nostre occupazioni non vediamo altro che la fine. E se magari ci fosse il tempo di riposarsi, ok. Ma la domenica a casa, in poltrona, è proprio da trimoni.
Si esce presto la mattina, con il sole che ha ancora sonno e tarda a venir fuori, oppure svegli dalla sera prima, in treno o in qualche stazione sperduta della nazione. E si entra subito nel vivo, adrenalina che scorre unita alla stanchezza che già pesa sulle spalle. E si passano ore tra canti, binari e bevande fredde e bionde o calde e scure. E intanto l'attesa sale, l'attesa per quella maglia e quei colori che ovunque hai portato e che continuerai a portare con te per sempre.
E poi arriva il momento, quando si arriva alla Cattedrale di turno, prima un puntino lontano, poi solo un parcheggio ampio e una serie di tornelli da superare, in un modo o nell'altro. E finalmente lì, la distesa verde davanti agli occhi, pian piano si cerca il posto migliore per non vedere la partita e via che si va. Quelle due ore, è per quelle due ore che noi viviamo... Estasi mistica, per dirla in due parole. Quel momento in cui senti contemporaneamente gli arti distruggersi e rinvigorirsi per continuare a lottare, la voce che sfila piano piano e la rabbia che sale quando dalla distesa verde non cacciano la palle e si trascinano avanti e dietro come anime in pena. La mani che tengono quello stendardo che tanto fa emozionare, il coro che sputi fuori con tutti i polmoni e alla fine via, un'altra sconfitta dietro a tutte le altre, e il sorriso amaro ma non troppo di chi sta per retrocedere e non se ne cura.
E quando si riprende il treno, direzione casa, doccetta e dormita, ormai la partita è andata, tutta la stanchezza e i dolori vengono fuori insieme alla frustrazioni e ai rimpianti della giornata(o alla gioia incontrastata, dipende dalla squadra per cui tenete...).
Ieri Amica mi ha fatto notare che da novembre a oggi ho sprecato tutte le mie domeniche. Io ci ho pensato su un attimo: ogni volta perdiamo la partita, i soldi, i neuroni, qualche ora di riposo e tempo che potevamo utilizzare più produttivamente. E sono arrivato alla risposta: non le scambierei per niente al mondo, le mie domeniche(che presto diventeranno sabati, ma questo è un'altro discorso...).

Nessun commento:

Posta un commento