venerdì 15 giugno 2012

I miei patrioti prima o poi dovranno armarsi

E' inutile. Io cerco di evitarli, di non farmi avvelenare dalle loro musiche e dalle loro parole, ma riescono sempre a tornare sulle mie pagine e nel mio cervello, a donarmi nuove ossessioni, quelle che tanto amo, quelle che mi portano ad ascoltare una canzone ininterrottamente per ore e ore. Qui, un omaggio al Maestro catanese, che racconta una poesia fantastica, attuale allora come adesso, che è la poesia che vi racconto anche io, nell'impossibilità di raccontarvi anche l'ennesimo colpo riuscito da parte del mio amatissimo deejay/produttore/tastierista/mixer/cazzeggiatorepuro/unicouomosullafacciadellaterraasuonarequellostrumentochenonsocomechiamare.



La fantasia dei popoli,
che è giunta fino a noi,
non viene dalle selle.
Alla riscossa stupidi
che i fiumi sono in piena,
potete stare a galla.
E non è colpa mia
se esistono carnefici,
se esiste l'imbecillità,
se le panchine sono piene di gente che sta male.

L'ayatollah Khomeini per molti è santità;
abbocchi sempre all'amo.
Le barricate in piazza
le fai per conto della borghesia,
che crea falsi miti di progresso.
Chi vi credete che noi siam,
con i capelli che portiam,
noi siamo delle lucciole
che stanno nelle tenebre

L'impero della musica
è giunto fino a noi
carico di menzogne.
Mandiamoli in pensione
i direttori artistici, gli addetti alla cultura.
E non è colpa mia
se esistono spettacoli
con fumi e raggi laser
se le pedane sono piene
di scemi che si muovono


Up patriots to arms
Engagez vous
La musica contemporanea mi butta giù.
Up patriots to arms
Up patriots to arms

lunedì 11 giugno 2012

La mia personalissima guida tv

Ecco a voi, miei cari e appassionati lettori, una piccola guida per chiunque volesse avvicinarsi al mondo delle serie tv senza dilungarvi a guardare tutte le puntate. Se poi avete voglia di conoscere VERAMENTE il mondo delle serie televisive, vi consiglio http://www.72minuti.it/ (un po' di pubblicità non fa mai male). Buona lettura.

Alias: dalla Cia si esce solo con i piedi in avanti
Boardwalk Empire: Silvio Berlusconi 70 anni prima.
Charlie's Angels: se hai dei segreti da scoprire, è meglio farlo fare ad una donna.
CSI: anche mezza unghia può sputtanarti il delitto perfetto.
Dawson's Creek: Robertì, va' tocc 'o cul' 'e femmen.
Dexter: un uomo che combatte il sistema dall'interno.
Dr.House: non importa se dipendente da antidolorifici oppiacei, la cosa importante è che un dottore salvi i suoi pazienti.
Frasier: una frase a effetto fa sempre colpo, anche quando non vuol dire assolutamente nulla.
Friends: a non far nulla dalla mattina alla sera finisce che ci si ammucchia tra vicini di casa.
Fringe: il mondo va a rotoli, ma preoccupiamoci pure degli alieni.
Game of Thrones: nel Medioevo ci davano dentro spesso e volentieri
Gossip Girl: trovare qualcuno che si faccia gli affari propri è davvero un'impresa
Happy Days: a Milwaukee, il sabato sera, o vai in una tavola calda o resti a casa
How I Met Your Mother: non avevo voglia di comprare ai miei figli una Playstation, così li intrattengo con la storia della mia vita.
I Jefferson: siamo neri, e ne andiamo fieri.
La signora in giallo: porto sfiga, la gente a cui faccio visita di solito muore
Lost: come trascorrono il tempo 40 persone su un'isola deserta
MacGyver: datemi una leva, e ci costruirò un mondo
Mork&Mindy: se sei un extraterrestre rimorchi facile sulla Terra
Numb3rs: un'equazione di secondo grado riuscirà senza dubbio a dimostrare che il cadavere è effettivamente morto
Scrubs: un dottore sempre ubriaco, un rapper che opera la gente e un inserviente in un ospedale. Sembra l'inizio di una barzelletta
Serpico: chi fa la spia non è figlio di Maria
Sex and the City: escort con vestiti d'alta moda che passeggiano per Manhattan
I Soprano: nonostante soffra di attacchi di panico, tutti voi dovete baciarmi le mani
Supercar: perfino un'auto è più sveglia di David Hasselhoff
La Tata: mai lasciare che una donna italiana inizi a governare la tua casa
The Big Bang Theory: se sei un nerd, chiuditi in casa e non cercare contatti con il mondo
The Walking Dead: neanche un'epidemia ti potrà mai liberare dei rompicoglioni

domenica 3 giugno 2012

Il mio sibilo di vento

Quante strade dovrà percorrere un uomo, prima di essere chiamato uomo?
Quanti mari dovrà sorvolare una colomba bianca prima di riposarsi sulla sabbia?
Quante palle di cannone ancora verranno sparate prima che vengano vietate per sempre?
Quante volte un uomo dovrà guardare in alto prima di vedere il cielo?
E quante orecchie dovrebbe avere un uomo prima di riuscire a sentire la gente piangere?
E di quante morti dovrà rendersi conto prima di capire che sono morte troppe persone?
Per quanti anni può sopravvivere una montagna, prima di essere sommersa dal mare?
Per quanti anni possono esistere le persone, prima di avere la possibilità di essere libere?
Quante volte un uomo potrà girare la testa dall'altra parte, fingendo di non vedere?


La risposta, mio caro amico, sibila con il vento.
La risposta sibila con il vento.

martedì 29 maggio 2012

Le avventure acquatiche di ZioDePile (Puntata 4- Una settimana particolare)

Doveva tornare miracolato, in preda ad un delirio mistico nel quale trovare Dio o ad una rivelazione che avrebbe dovuto cambiare la sua vita. Invece, tornò esattamente com'era partito, cosa facilmente prevedibile, conoscendolo.
ZioDePile sarebbe partito alla volta di Gerusalemme, per abbattere il Muro del Pianto e liberare finalmente la città dal padrone giudeo. Beavis e Butthead erano convinti che non sarebbero più stati in grado di vedere e/o sentire il loro amico. Ovviamente, si sbagliavano.
Il giorno dopo aver lasciato la terra natia, ZioDePile fu costretto, attraverso i potenti mezzi della tecnologia, a cercare l'aiuto dei suoi comandanti in seconda, lasciati a casa per vigilare sulla situazione e per continuare a spaglionare. Pare infatti che, forse in preda alla febbre asiatica, forse a causa del jet-lag, forse perchè sta male di suo, abbia spento la sua fonte di stalking(ricevuto, di solito) dimenticando la magica combinazione di cifre in grado di riacccenderla. Ma non sia mai detto che ZioDePile fosse così sprovveduto: dopo aver premuto tasti a caso, sperando in quel Dio che stava cercando, gli venne in mente che poteva risalire alla suddetta combinazione di cifre ricordando esattamente il movimento delle sue dita. E quindi invece di godersi una potenziale vacanza completamente priva di rotture di cosiddetti, si impegnò con tutte le sue forze per ricordarla. E quando, dopo innumerevoli ricostruzioni, era ormai certo di aver svelato il mistero, si decise ad inserire la combinazione, usando il suo ultimo tentativo possibile. Naturalmente si rivelò vano, perchè come al solito stava male e quindi probabilmente non era nemmeno lontanamente vicino al Pin giusto, e si ritenne necessario l'intervento della cavalleria, sotto forma della sua genitrice contattata dai due sciagurati contattati da ZioDePile che riferirono a ZioDePile quello che la sua genitrice aveva riferito loro.
Più avanti nella vacanza, dopo aver risolto questo piccolo imprevisto di benvenuto, ZioDePile sembrò essersi ambientato abbastanza bene nel nuovo territorio, ambientato così bene da credere che, in ottica "continuazione della specie", subito dopo la fase-ambientamento sarebbe scattata la fase-riproduzione. Si avvicinò al primo essere di sesso opposto al suo, tentando l'approccio con un discretissimo "La Ziaaaaaaaaaaaaaaaaaaa". Non aveva considerato le usanze locali, infatti la fuga della donna, spaventata da quel mostro, fu interpretata dalle autorità locali come una mancanza di rispetto nei confronti di un uomo che in fondo voleva solo approcciarla, e ZioDePile si ritrovò ad essere complice suo malgrado nell'uccisione di una donna innocente, colpita da 4530 pietre e 2896 frustate.
Incidente diplomatico a parte, ZioDePile trascorse quel periodo veramente bene, a tal punto da ritenere quel posto effettivamente migliore della sua propria nazione. Dovette ricredersi all'arrivo in patria, dove, con i suoi commilitoni, fu accolto dall'assenza dei bagagli, lasciati a loro insaputa in Terra Santa come dono per la loro splendida esperienza. Ora però ZioDePile ha deciso di tornare. Non solo, ma con migliaia di uomini. Armati fino ai denti. Deve riprendersi la sua valigia.

giovedì 24 maggio 2012

Le avventure acquatiche di ZioDePile (Puntata 3 - Il ciclismo)

Era un giorno piovoso di un pomeriggio di inizio autunno. I Due, Beavis and Butthead, si erano da poco insiediati nel loro nuovo habitat, avevano preso possesso del loro ufficio, situato tra il Divano della Spaldatura e   la Sacra Fonte delle Spaglione, e avevano attaccato la musica, senza aspettare l'arrivo del Terzo, atteso da un momento all'altro per completare la reunion, in modo che la paglia avrebbe potuto diventare finalmente completa. I Due come al solito non davano peso a questo ritardo, conoscendo la capacità di ZioDePile di poter pervenire in qualsiasi luogo del mondo, ma con i suoi dilatatissimi tempi di reazione.
Al "Driiiiiiiiiiiiiiiiiiinnnn" che annunciò l'epifania del sosia di Edinson Cavani tutti i loro dubbi si dissiparono. "Meh u frà, vedi se ti alzi e vai ad aprire, che io non ce la posso fare" disse quello con il numero sul braccio(inutile specificare la situazione in cui i due si trovavano, la loro preferita, in combo con il divano e la paglia). L'altro, quello alto, gastemando molto dolcemente i morti e gli stramorti del suo coinquilino e impiegandoci un infinità di tempo per alzarsi, ignorando tutte le sue ossa che si frantumavano, si alzò, e aprì al "TOOOOOOPPPPPPP" matematico che proveniva da ZioDePile, bagnato fradicio come se provenisse direttamente dal Naviglio Pavese, e con un pedale di bicicletta in mano. Quello alto, con la sua solita finezza che da sempre lo contraddistingue, rimarcò la stranezza guardandolo stralunato "ZioDePile!!! Che cazzo ci fai con un cazzo di pedale di merda in mano?? Come sarebbe, guarda nel cane??"
In effetti non aveva tutti i torti. Che cazzo ci faceva ZioDePile con un cazzo di pedale di merda in mano? "Gli zii, non potete capire che cosa è successo" disse lui introducendo la sua avventura. Iniziava svariate ore prima, quando era uscito dalla sua residenza per raggiungere The SpaglionHouse.
L'autunno sembrava un ricordo lontano, il sole splendeva regalando alla Town una magnifica giornata. ZioDePile pensò che fosse la giornata giusta per testare le sue capacità ciclistiche con la sua nuova bicicletta. Dovete sapere infatti che era intenzionato a diventare il nuovo Marco Pantani, buonanima, e quindi doveva allenarsi duramente, tra i sampietrini e le corsie dei tram. Salì in sella e pedalò esattamente per 5 secondi nel momento esatto in cui iniziò a piovere. Di solito le piogge iniziano lentamente per poi crescere di volume, quella volta si presentò già sotto forma di diluvio universale unito a temporale monsonico nel pieno del suo vigore. ZioDePile sottovalutò le condizioni meteorologiche, convinto che poche gocce non lo avrebbero rallentato poi di molto, e che tanto le poteva sopportare, visto che la tappa era breve. In pochi secondi si trovò proiettato sulle strade lastricate di pavè della Parigi-Roubaix, ricoperto dal fango, in fuga verso la vittoria di una delle corse più prestigiose esistenti. Alla Courbe-de-Castel-Sforzesch era già ormai bagnato fradicio fin dentro le mutande. Sul rettilineo di Rue Garibald fu costretto a fermarsi per togliersi un sarago dalla scarpa destra, e dovette constatare la nascita di una colonia di vongole in quella sinistra. Arrivato al punto di controllo di Place-de-la-Leg-Lumbard un ragazzino gli passò una borraccia, e una simpatica sciura locale lo costrinse ad indossare la maglietta di lana, e un' altra maglietta di lana sopra la prima, perchè non si sa mai. ZioDePile si rese conto che non si vedeva nemmeno l'ombra dei suoi immaginari avversari, e che quindi la vittoria gli era assicurata, bastava solo andarsela a prendere. Non appena ripartito, una rotaia gli tirò un brutto scherzo, e gli fece prendere una piccola scivolata che, in qualche maniera rocambolesca, fece innescare il meccanismo di espulsione di emergenza del pedale. ZioDePile non poteva mollare, non in quel momento. Iniziò con lo spingere la bicicletta da seduto, facendo leva su una sola gamba stile monopattino, ma giunto ai piedi della Colline-de-Rue-Faren capì di dover cercare una soluzione alternativa, e si caricò in braccio la bici, riuscendo a scalare gli insormontabili 25 metri di salita in sole 3 ore e 26 minuti, record mondiale. Quindi, giunto in cima, sedette in sella, e aspettò la folata di vento giusta per dargli la spinta. Fu sollevato da uno tsunami in piena regola, che lo spinse a 512 chilometri orari giù per la discesa. Ovviamente i suoi freni erano fuori uso, come accade sempre in ogni discesa che si rispetti. L'inerzia lo proiettò lanciato alla velocità del suono sul rettilineo che conduceva al traguardo, e allora ZioDePile decise di assecondare il tutto, assumendo la posizione aerodinamica e iniziando a schivare le buche, gli animali selvatici, i pianoforti e tutti gli altri generi di insidie posizionate per rendergli più difficile l'arrivo. Ma nulla ci riuscì. A 5 metri dall'arrivo alzò le braccia al cielo e ascoltò attento l'ovazione della folla in delirio. Dopo di ché legò la bicicletta al palo della luce con una catena, e salì.
"E insomma gli zii, questo è quello che è successo. Magari lunedì vengo a riprendere la bici, qui vicino c'è un negozio, magari può ripararmi il pedale". Sono passati otto mesi. Quella bicicletta sta ormai iniziando a decomporsi, e il pedale è fieramente esposto su una mensola, come una Champions League.

martedì 8 maggio 2012

Le avventure acquatiche di ZioDePile (Puntata 2-Il Post Sbornia)

Non era stato uno dei risvegli migliori per ZioDePile. Era crollato qualche ora prima, immobile sul divano stile mummia, in preda ad uno di quegli svarioni alcolici che ti fanno vedere colori psichedelici appena chiudi gli occhi. E dopo poche ore i due degni compari, quelli che gli avevano prestato il divano, erano già in piedi, vogliosi più che mai del loro sabato dedicato alle spaglione, svegliandolo decisamente prima che riuscisse a riprendersi.
La sera prima c'era stata una di quelle ubriacature di gruppo che così spesso accadono nei collegi, e alle quali ZioDePile non riusciva proprio a resistere. Si era presentato nella fossa dei leoni vestito esattamente come Nucky Thompson, e già raggiungeva un notevole livello di sangue nell'alcool prima ancora che i suoi due peggiori nemici, quelli che ogni volta provavano a farlo star male, iniziarono a mettergli tra le mani bicchieri di vino rosso di pessima qualità. Ad un certo punto iniziò a muoversi per inerzia, e del resto di quei momenti della serata nel suo cervello non c'era già più il ricordo.
Ad ogni modo, gli sarebbe davvero piaciuto un riposo comodo e duraturo, il che fu esattamente il contrario di quello che ricevette, nella casa che spesso gli da asilo. E mentre provava a riprendersi gli altri due continuavano ad urlare ad ogni alley-oop alzata da Rose per James e ad ogni canestro di Flash Wade, rendendo decisamente difficile riprendersi. ZioDePile rifiutò addirittura di unirsi alla corsa verso l'anello di campione Nba che i due ormai avevano preso, e si allontanò lentamente verso il bagno. Niente di nuovo, pensarono i due continuando a spaglionare. Ma quando dal bagno sentirono arrivare il richiamo di un velociraptor in calore, capirono che forse qualcosa non andava. Senza sollevare lo sguardo dal campo di gioco e le mani dal joystick, provarono a capire la situazione, ma di ZioDePile nessuna traccia. "Forse è stato mangiato dal velociraptor che abbiamo sentito" disse uno. "Sicuramente è andata così" rispose l'altro, e liquidarono la questione dopo averla affrontata con l'uso di tutte le loro risorse, come sempre facevano.
Dopo un paio d'ore e diverse altre paglie, sentirono la porta del bagno aprirsi. Sentendosi ormai spacciati a causa del velociraptor che stava per braccarli, decisero che non era una questione abbastanza vitale da farli alzare da quel magico divano, e scelsero di morire spaglionando fino alla morte. Dopo una decina di minuti, dal bagno venne fuori uno zombie, vestito di tutto punto, completamente bianco in volto, con la faccia scavata, occhiaie grandi quanto borsoni da palestra, un aspetto veramente terribile. Ma a guardarlo bene, in un momento di pausa dal gioco, i due si resero conto che quello zombie aveva qualcosa di familiare. "Scusa u frà, ma questo non ti ricorda qualcuno?" "Mi sa di si u frà, ma non riesco a ricordare chi" "Deve essere quello che recitava in How I Met Your Mother, stava in un paio di puntate." "Serietà!!! Vediamo se vuole un caffè". Alla parola 'caffè' lo zombie si vide costretto a correre di nuovo verso la tazza del cesso,e a riproporre il verso del velociraptor. Sembrava un vulcano in piena eruzione: fiumi di lava si riversavano verso il fondo del water, e lapilli di ogni genere sgorgavano ovunque. Dopo altri venti minuti abbondanti, lo zombie tornò a fare capolino dal bagno. "Tutto bene signor zombie?" chiese gentilmente uno. "Uagnù, TOOOOOOOOOOOOOOOPPPPPPPPPPP". I due capirono immediatamente a chi apparteneva quel grido di battaglia. ZioDePile era ancora vivo, ma il suo rapporto con l'alcool ebbe una brutta botta quel giorno.


To be continued...

sabato 5 maggio 2012

Le avventure acquatiche di ZioDePile( Puntata 1- Pilota)

Quella estate, avevano deciso di divertirsi. Un gruppo di ragazzi, tutti uomini, pronti a accantonare le fatiche di un anno intero al di là del mare, nel luogo in cui, nelle loro menti, tutto sarebbe stato diverso. In quel luogo sapevano come dovevano comportarsi, e fecero tesoro dei consigli che sagge persone, che già avevano bazzicato quei posti ameni, avevano lasciato loro. Attraversarono il mare, e rischiarono più volte di morire a causa di un autista autoctono, certamente non famoso - né lui né la sua gente- per la prudenza alla guida.
E lì iniziò quella settimana, quella settimana che molti sognano per tutto l'anno e che a volte rispetta le attese, a volte no, a volte invece svanisce come non fosse mai esistita, a volte è come non fosse mai esistita proprio perchè non esiste, e tocca incominciare a pensare a quella dell'anno successivo. Si rilassarono al sole, e iniziarono a prendere confidenza con le usanze e la popolazione locale, cercando di trovare un modo per congiungersi con entrambe le cose, e trovando la risposta a quell'interrogativo nella vodka.
Un giorno, uno di loro si ricordò che per iniziare a rockeggiare serviva ancora la presenza di uno di loro, l'ultimo, anche se non per importanza."Scusate ma che fine ha fatto?" "Aveva detto che ci avrebbe raggiunto tra qualche giorno" "Davvero? Da solo?" "Già, aveva detto che aveva una cosa da fare, e non poteva espatriare con noi" "Veramente? Cosa?" "Non ne sono sicuro, credo riguardasse quella particolare parte del corpo femminile in grado di controllare il nostro cervello, quella parte che portò Adamo alla perdita di Dio e dell'Eden" "Aaaaaaaaah ok allora, è giustificato, però cerchiamo almeno di sapere se e quando ce la farà". Grazie ai potenti mezzi della tecnologia, si cercò di rintracciarlo in modo molto discreto, senza assolutamente rasentare lo stalking o le minacce stile TheRing. Il Nostro, che subiva quasi quotidianamente questo stress più o meno da tutte le persone che conosceva, si era abituato, e il suo apparato uditivo non reagiva più alle suonerie dei cellulari. I SuperAmici decisero che probabilmente non ce l'aveva fatta, e misero in coda la questione, continuando a dedicarsi alle gioie dell'estate.
Una mattina uno di loro, in preda ad una matematica post-sbornia vacanziera, fu svegliato da qualcuno che bussava alla porta della sua camera. Convinto che fosse qualche altro SuperAmico già pronto per il mare, o alla peggio una cameriera troppo zelante, si girò dall'altra parte e cercò ancora il conforto del sonno, ma visto che quel qualcuno doveva essere troppo insistente, non ci riuscì. Decise di far finta che in quella stanza non ci fosse nessuno, ma la sua diabolica strategia non funzionò, e nel frattempo anche i suoi compagni di stanza erano stati svegliati da quel maledetto rumore. Dopo una democratica discussione si decise che uno di loro doveva alzarsi per andare ad aprire. Il prescelto, maledicendo gli altri, faticosamente si mise seduto sul letto, e ci mise altrettanto tempo per alzarsi in piedi. Si stiracchiò sbadigliando, e trascinando a terra le sue infradito si mosse lentamente verso la porta. Prendendo la maniglia si aggiustò con una mano i capelli, giusto per sembrare il più presentabile possibile.
"TOOOOOOOOOOOOOOOPPPPPPPPPPPPPPPPP".
Era arrivato ZioDePile. Il mondo non sarebbe stato più lo stesso.

martedì 1 maggio 2012

Il mio punto di non-ritorno

Devo farlo. A parte un piccolo sfogo recente ispirato da un fratello di mentalità blucerchiato, è veramente da troppo che non parlo di Lei. Tutto ciò per le varie vicissitudini che L'hanno accompagnata, e hanno accompagnato noi, da settembre, a partire dall'impossibilità di viaggiare in lungo e in largo per questo stivale per colpa del telepass, unico residuo di un governo che è stato costretto alla fuga dopo aver depredato la nazione, neanche fosse uno di quei governi del Centrafrica che scappa con il malloppo prima che qualcun altro interessato a quel malloppo li faccia fuori. E poi la sorpresa(ma quale sorpresa, sembrava un segreto di Pulcinella) di sapere che i giocatori che tu hai sostenuto con tutta la tua voce hanno disonorato la camiseta che portano e che, in fondo, è la sola cosa che amiamo, e che mai dovrebbe essere infangata, specialmente vendendosi le partite, e sopratutto QUELLA partita, una delle poche che per noi valga davvero la pena. E ancora lo scandalo di sapere che a tirare i fili di quei burattini c'erano anche quei loschi figuri che tirano i fili di molti altri burattini, quelli che in qualche maniera, per una qualsiasi ragione, erano lì su quei gradoni con la pioggia o sotto il sole, e che ora invece la sentono alla radio.
E quindi, come ho sempre fatto una volta all'anno, ho voglia di tirare un po' le somme, spinto da un fantastico sabato passato in una città e in una gradinata gemella, con litri di birra, bandiere e braccia al cielo, come ogni sabato andrebbe trascorso. E le somme che riesco a tirare sono scarse: al di là dei risultati(modesti, veramente modesti) che la squadra ci regala settimana dopo settimana, e che sono pesantemente influenzati dalle penalizzazioni, e che potrebbero essere influenzati da ulteriori penalizzazioni(o retrocessioni dirette), e che ovviamente non hanno mai avuto un peso rilevante nelle nostre decisioni( che si vinca o si perda...), resta il problema di Noi, che dovremmo continuare a lottare contro il vero nemico, e che invece, curva per curva, continuiamo a discutere, in modo tipicamente maschile, su chi ce l'ha più lungo, forse per orgoglio, o forse per dimostrare, sopratutto fuori dai propri confini cittadini, di essere ancora vivi, quando nessuno si accorge che siamo tutti morti, siamo dei cadaveri che camminano e non lo sappiamo, solamente perchè qualcuno sta provando a toglierci quella che è sempre stata la nostra ragione di vita. E quindi, tralasciando gli ultimi rantoli di un campionato che si trascina lentamente verso l'estate, resterà questo dilemma: dovremo decidere se cambiare rotta, se lottare veramente per quello che conta sul serio, o se continuare a farci i dispetti come bambini alla materna. Abbiamo raggiunto il punto di non-ritorno, e qualcosa dovrà cambiare. Ai posteri l'ardua sentenza.

domenica 22 aprile 2012

Le mie pasquali vacanze

Da un po' di tempo ho perso la voglia e la capacità di creare qualcosa di nuovo, cerco un modello e lo seguo per portare a casa il post, molto spesso giostrandolo su una serie di frasi accomunate da qualcosa che mi renda facile produrne una decina. Questo non perchè ormai la mia carriera da pseudo-scrittore stia per finire-ammesso che mai sia iniziata- ma perchè proprio non trovo un argomento valido di cui parlare.
Di solito parto con una citazione, o una sparata nei confronti di qualcuno, o una riflessione piuttosto depressa sulla vita e su tutto quello che mi circonda, e poi mi viene piuttosto facile mascherare i pensieri in periodi articolati e alquanto contorti, in modo che non ci si capisca una beneamata minchia.
Questa volta...questa volta non mi sento abbastanza depresso da fare una cosa del genere, quindi credo che me la giocherò alla Jd, facendo quel giochetto in cui uso un po' di saggezza della vita di qualcun altro per mettere ordine nella mia.
Come punto di partenza, sempre quella fantastica città, l'unica in cui GiovanniPeroni può definirsi veramente tale, l'unica in grado di provocarmi turbe giovanili di siffatto genere, la sola capace di rimescolare di sopra e di sotto tutto ciò che credevi essere saldo nella tua testa e di lasciare terra bruciata nella tua mente. L'unica città dove può capitare che uno dei tuoi migliori amici scelga di competere nelle qualificazioni olimpiche del calcio alla sedia, e quella in cui svariate ragazze iniziano a fare pratica sulla strada per la bizzocaggine litigando a pieni polmoni con una psicopatica di oltre 50 anni sempre sul punto di tagliarsi le vene, sopratutto in presenza della guardia di finanza.
Resta l'unica città dove combatte e resiste ancora quello che è indubbiamente il NOSTRO tavolo, situato casualmente in una tavernetta popolata da nuvole di fumo e una donna salentina che cerca in tutti i modi di sgomberare l'aria. L'unica città in cui la Pasquetta inizia alle 6 di pomeriggio, ed è in ogni caso abbastanza lunga affinchè tutti riescano a fare rifornimento di liquori di varia gradazione. L'unica in cui una donna di buona volontà e da beatificare subito decide di accomodare gli uomini a botte di panzerotti fritti(buonissimi, tra l'altro). Quella città dove le opinioni vengono messe in discussione minuto dopo minuto, e in cui prendi decisioni che avresti rifiutato solo un giorno prima, senza nemmeno sapere come. La città in cui certe persone non si offendono se ci passi insieme solo un paio di ore, e invece altre sclerano perchè stare insieme 24/7 forse per loro non è sufficiente.
Quella città, alla fine, dove alla fine della fiera restano tanti sorrisi, e schianti più acuti nel cuore.
E allora lo dirò, queste vacanze sono state SERIE.


P.S. Se non ve ne foste accorti, ho ricalcato il copione ancora una volta, varie frasi random collegate l'una all'altra solo da virgole sparse e da parole comuni. Ma certe volte anche leggere tra le righe è importante.

venerdì 20 aprile 2012

La mia mancanza

Mi mancano i gradoni. Mi manca stare in piedi sui seggiolini. Mi manca alzare le braccia, e mi manca poter urlare a pieni polmoni.  Mi manca fare nottata, e mi manca il regionale delle 9.15 per Torino. A dire la verità, tutti i treni mi mancano. Mi mancano i nove posti e le macchine da sconvolti. Mi mancano gli Autogrill, caffè a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Mi manca la mia Gitana che prova a farmi capire quanto sia stupido, senza capire che io non ho bisogno di capirlo, io lo so, e mi sta bene così. Mi manca la voce rassegnata dei miei al telefono del venerdì sera. Mi mancano gli zii Pere che paraculano la mia passione.
Mi mancano quei due colori, più di ogni altra cosa. Mi manca la Maglia. Mi manca la sensazione di essere sempre vicino a Lei. Mi manca Montgomery che mi viene a prendere per assicurarsi che io sia sveglio. Mi mancano tutti quei piccoli rituali, la polo del coccodrillo, gli occhiali sulla fronte, le scarpe bianche con l'alloro. Mi manca quel mondo, quei fratelli, quella sensazione che in quei momenti tutto sia diverso, solo perchè c'è Lei a catalizzare tutta la mia mente.
Mi mancano cazzo.

giovedì 15 marzo 2012

La mia benzina

Non sei riuscito a concludere nulla
Non sei riuscito a farti rispettare
Non sei riuscito a non fare cazzate
Non ci sei riuscito
Non sei riuscito mai a cambiare
Non sei riuscito a non vomitare
Non sei riuscito perchè non ti applichi
Non sei riuscito a finire gli studi
Non sei riuscito a diventare qualcuno
Non siete riusciti a bissare
Microchip Emozionale
Non sei riuscito a cogliere l'occasione
Non sei riuscito a svoltare
Non sei riuscito a farmi stare meglio
Non ci sei riuscito
Non sei riuscito a fare come tutti gli altri
Non sei riuscito a darci un taglio
Non sei riuscito ad essere puntuale
Non sei riuscito a farmi venire
Non ci sei riuscito

Benzina ogoshi
Benzina ogoshi

Il mio specchio

Gli specchi sono degli oggetti così particolari. Secondo una vecchia storia, un noto personaggio li usò per sconfiggere un'intera flotta che attaccava la sua città.Gli indiani d'America li utilizzavano per inviare segnali a lunghe distanze, e lo specchio è anche diventato il simbolo di una religione. Più avanti nel tempo, sono stati usati da noi uomini per mille altre cose, come aiuto mentre guidiamo in auto, o parti di telescopi e raggi laser.
Ovviamente, lo specchio è immediatamente legato al nostro autoriconoscimento, uno dei pochi modi che abbiamo per guardare noi stessi da una prospettiva esterna. L'idea dello specchi ci porta alla vista, nella metafora dello specchio visto come duplicatore del mondo e di noi stessi.
Solo pochissime specie biologiche hanno la capacità di riconoscere se stessi in uno specchio, e secondo alcuni studi lo specchio è il primo elemento a favorire la formazione dell'Io negli esseri umani.
Io certe volte guardo allo specchio: ci vedo un divano, un letto, un tavolo e una casa che diventa sempre più a misura di fuorisede; ci vedo una pila di libri che continuo a comprare e che non riuscirò mai a leggere, giusto perchè "io sono uno solo a leggere, ma loro sono milioni che scrivono"; ci vedo un paio di feste di laurea future, di quelle da svenire in coma etilico e risvegliarsi dopo 3 giorni su una chiatta al centro del Rio delle Amazzoni; ci vedo, a destra e a sinistra, i miei due angeli custodi, quelle sante ragazze che non risparmiano il loro tempo e i loro nervi per me, nonostante io sia in grado di mettere sotto pressione entrambe le cose; ci vedo quei fratelli di madre diversa che vivono con me, accanto a me, qualsiasi cosa io faccia, in qualsiasi posto io vada.
Poi guardo al centro, dritto verso la mia immagine. Ne vedo i margini, i contorni scoloriti, quelle linee un po' storte al posto delle gambe e una massa informe in alto, sulla testa. Noto una macchia bianca, un po' sporca, proprio lì dove ci dovrebbero essere le mie scarpe. Vedo la figura sbiadita restringersi sempre di più( o almeno questo è quello che altre persone mi dicono di vedere in quella figura sbiadita). Mi sforzo di vedere, ma non c'è nient'altro, non c'è nient'altro distinguibile in quella figura sbiadita. E' come se fossi un vampiro, o un fantasma, che non riescono a vedere la propria immagine riflessa. Oppure la mia figura sbiadita è ancora in definizione, e con i due angeli che cercano di tenderla prova a diventare una fotografia. O ancora potrebbe trattarsi di un foglio bianco, in attesa che qualcuno decida di disegnarci sopra un soggetto pronto all'uso.
Sinceramente non saprei. Spero solo che il mio specchio non si rompa, perchè 7 anni di guai non mi servono proprio.

mercoledì 22 febbraio 2012

I miei problemi

Chi mi conosce sa il rapporto che ho con i problemi. Semplicemente li adoro. Mi piace trovarmici invischiato, mi piace crogiolarmi in una condizione di miseria, amo il fatto che per la produzione standard del mio cervello ogni minima stronzata diventi qualcosa di insormontabile e irrisolvibile. Amo caricarmi sulle spalle i problemi degli altri,  e ovviamente amo scaricare i miei su chi ha voglia di ascoltarli e di aiutarmi.
E' come se i problemi trovassero sempre il modo di espandere il mio lato oscuro, quel mio chiudermi in me stesso con alte barricate che tanto mi piace. Certe volte credo che il mio cervello ne crei di nuovi dal nulla, sopratutto quando regna la quiete, in modo da trovarmi sempre naufrago in mezzo al mare. Mi chiedo perchè questo accada, e a volte risolvo che ho semplicemente dei difetti di progettazione nel cervello, cosa molto probabile visti i due esseri che l'hanno prodotto.
Altre volte invece credo che mi faccia questi scherzi solo affinchè io effettivamente scarichi i  problemi sulle altre persone, quei poveri cristi a cui tocca sopportare tutto questo. Condividere i problemi( o la tristezza, o qualsiasi altra cosa di negativo) è sempre stato per me l'unico modo per creare davvero un rapporto tra due persone; ho sempre pensato che condividere solo momenti di gioia e allegria crei solo amicizie "del bel tempo", ma è nei momenti difficili che si vede davvero l'attaccamento. Penso la stessa cosa del calcio: è facile fare il tifo quando si vince, ma è quando si perde che le cose diventano serie, e chi continuerà a seguire una squadra(o una ragazza, o un obiettivo, o anche un'idea) quando le cose vanno male è seriamente interessato a farlo, come se fosse un'attitudine innata.
Da un po' di tempo, i miei problemi non stanno uscendo più, cerco di tenerli sepolti il più possibile, ribollenti sotto la cenere. Vorrei evitare che il solo venir fuori potrebbe aggiungerne altri, inutili come i primi. Cerco di capire se possano morire di inedia o se verranno fuori tutti insieme, sfogandosi in qualcosa di estremamente nocivo e altamente pericoloso. Spero sia questo il modo di crescere.

mercoledì 1 febbraio 2012

Le mie solite vecchie paure

So, so you think you can tell
Heaven from Hell
Blue skies from pain.
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from the veil?
Do you think you can tell?

And did they get you to trade
Your Heroes for ghost?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cold breeze?
Cold comfort for change?
And did you exchange
A walk on part in the war
For a lead role in a cage?

How i wish, how i wish you were here
We're just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
What have we found?
The same old fears
Wish you were here


Peccato che a parole non si possa raccontare anche il basso di Waters...

sabato 28 gennaio 2012

Il mio omaggio alla mia città: LA VERA STORIA DI MEZZO CULO

Una persona molto cara ieri mi ha messo un tarlo nel cervello, e dopo qualche ora mi sono deciso ad accontentarla. Lo faccio non solo per lei, ma anche per dare il mio omaggio ad una delle storie più belle nate nella nostra città, e per fare finalmente chiarezza su questa leggenda metropolitana. Ho deciso di scrivere, integralmente e senza errori, la versione originale della storia di MEZZO CULO, che tutti conoscono per il nome ma che pochissimi conoscono davvero. Purtroppo sono costretto a scriverla in italiano, anche se "chiaramente non avrà lo stesso effetto di un racconto in dialetto barese puro"(cit.), quindi cercherò di tenerla il più dialettale possibile. Buona lettura.


LA STORIA DI MEZZO CULO


C'era una volta una famiglia composta dal padre, dalla madre e dai figli.
Un giorno che faceva molto freddo, i figli dissero alla madre: "Mamma, fa molto freddo, sai come sono indicati i panzerotti in questa situazione?? Li facciamo?" "E' vero", disse la madre, " con il freddo pungente ci vorrebbero proprio due panzerotti. Ma come possiamo fare, visto che non abbiamo la padella per friggere?" "Ma', non potresti fartela prestare da qualcuno?" "Certo, è vero", disse la mamma alla figlia grande, " Sai cosa potresti fare: vai da Mezzo Culo e fattela dare.  Bada solo a non chiamarla per soprannome, chiamala Angelina".
E la figlia così fece: passo dopo passo arrivò a casa di Mezzo Culo. "Chi è??" "Sono io, Angelina, potresti aprirmi?" "Cosa vuoi??" "Mi manda mamma. Ha detto se potevi prestarci la padella, che tra mezz'ora già te la riporto" "E a che vi serve?" "Dobbiamo fare i panzerotti" "Certo, con il freddo di oggi sono proprio azzeccati," rispose Mezzo Culo, "Io te la do anche la frisola, però dì a tua madre che dovete portarmi qualche panzerotto, sennò non te la presto. Siamo d'accordo?" "Certo Angelina," rispose la ragazza, "lo dirò senz'altro a mamma. Puoi giurarci. Noi non siamo persone ingrate" "Va bene, allora vai" disse Mezzo Culo, e le prestò la padella.
La ragazza, presa dal priscio, tornò a casa. Appena arrivò, sua madre, dopo aver visto la padella, la mandò a comprare la massa dalla signora che vende il pane e iniziò a preparare tutti gli ingredienti. Finito di friggere, un panzerotto ad uno e un panzerotto all'altro, una popizza a uno e una popizza all'altro, andò a finire che il vassoio rimase vuoto. La mamma disse: "E ora come ci comportiamo con Mezzo Culo?" "Io," disse la figlia, "non ho proprio la faccia di riportarle la padella senza il piatto di panzerotti che le avevo promesso" "So io come fare, visto che la massa è finita" rispose la mamma.
Presero il mangime per le galline e lo trombarono, in modo da fare la massa. Dopo aver riempito d'olio la padella, ci misero un po' di ricotta, un po' di carne e un cucchiaio di zucchero, ma queste cose erano poche per fare dei panzerotti. Allora le figlie si diedero da fare ad uccidere scarafaggi e topi, li impastarono insieme e frissero i panzerotti. La mamma preparò un bel piatto coprendolo con un tovagliolo e lo diede alla figlia con la frisola. Disse: "Ecco, vai da Mezzo Culo e dalle tutte cose. Bada a chiamarla Angelina e non Mezzo Culo. E dille che questo è il piatto di panzerotti che le abbiamo tenuto da parte, questa è la frisola e buon appetito da parte mia".
La ragazza fece proprio così. Appena Mezzo Culo ebbe il piatto disse: "Grazie mille cara, porta tanti saluti a tua madre". Non appena la ragazza se ne andò, prese un panzerotto dal piatto e tirò un morso, che capitò proprio nel punto in cui c'era la ricotta. "Mo, ci iè bell!!!" fu il suo commento, e continuò a mangiare con gusto. Non appena tirò un morso dove c'erano gli scarafaggi, lo sputò a terra e iniziò a gastemare i morti. "Ma che cosa ci hanno messo qua dentro? Devono avere una goccia".
Guardò dentro e vide i topi, gli scarafaggi e altri animali schifosi. Si alzò tutta agitata dalla sedia, era diventata più rossa di un diavolicchio. Prese il resto del panzerotto e lo buttò a terra, proprio come se dovesse arricciare un polpo. Il suo gatto cercò subito di mangiarlo, ma appena lo annusò anche lei andò via, visto che il panzerotto era proprio schifoso. "Ah si," disse Mezzo Culo, "anche la mia gatta si è accorta che fanno schifo. Forse pensavate di prendermi per fessa, ma ora mi vendicherò. Li ucciderò tutti, quanto è vero che mi chiamo Mezzo Culo".
Una vicina sentì Mezzo Culo urlare e avvisò subito la mamma e le sue figlie. La mamma, tutta spaventata, andò a prendere il sapone e iniziò a stenderlo sui gradini della scala che dava alla casa, in modo che Mezzo Culo appena fosse arrivata sarebbe scivolata immediatamente. Unsero i gradini con il sapone, poi misero il comodino e il letto dietro la porta e si andarono tutti a nascondere, uno dentro il vaso della pianta, una nel bagno,  uno dentro la credenza e l'altra nel letto accanto alla mamma, aspettando che Mezzo Culo si sfogasse.
Mezzo Culo, invece, si vestì come la Morte, con un foulard in testa e un pastrano che le arrivava fino alle caviglie. Prese un bastone di ferro, una campanella e uscì. Non appena arrivò al portone, diede una mazzata di mezzo culo e riuscì ad aprirlo. "Sto arrivando," disse guardando la porta di casa, "e faremo i conti".
La mamma e i figli, ancora nascosti, la sentirono e si fecero piccoli piccoli per lo spavento. Mezzo Culo suonò la sua campanella e disse: "Ora salgo il primo gradino". Appena poggiò il piede scivolò per colpa del sapone e si ruppe una gamba. "Maledetti" gridò per la rabbia e per il dolore Mezzo Culo.
Dlin, dlin , dlin,  Mezzo Culo suonò per la seconda volta la campanella. "Adesso salgo il secondo gradino" e fece per salire. Scivolò di nuovo, e si ruppe anche l'altra gamba. Dalla sua bocca uscivano saiette che arrivavano fino al cielo. Dentro casa la mamma e i figli se la facevano addosso per la paura, ma Mezzo Culo non aveva intenzione di fermarsi.
Dlin, dlin, dlin, suonò ancora il suo campanello. "Adesso salgo il terzo gradino". Cadde, si ruppe un braccio e lanciò certe gasteme che si sentirono fino nella casa del diavolo.
Dlin, dlin dlin, "Sto per salire il quarto gradino" e non appena provò ad arrampicarsi cadde ancora e si ruppe anche l'altro braccio. Dopo tutto questo, arrivò davanti alla porta piena di veleno e di rabbia in bocca. Diede una mazzata di mezzo culo alla porta e riuscì ad aprirla. Il comodino e il letto volarono contro la parete di fronte alla porta. Mezzo Culo, tutta arrabbiata, disfece il letto trovandoci la mamma e la figlia grande, e in un secondo le uccise. Dopo iniziò a cercare per tutta la casa. Trovò un figlio nella credenza e lo uccise, ne trovò un'altra nel bagno e la uccise, insomma li uccise tutti, tranne quello che era nascosto nel vaso della pianta.
Non appena il padre tornò a casa, il figlio gli raccontò immediatamente tutto. Il padre allora si armò e andò con il figlio a casa di Mezzo Culo. Lei, non appena lo vide, gli chiese "Che vuoi da me?" "Tu," rispose il padre, "hai ucciso la mia famiglia. Adesso io ucciderò te" "Non è vero, non sono stata io" "Certo che è vero", rispose il figlio, "io ti ho visto, sei stata tu".
Senza che Mezzo Culo riuscisse a cercare aiuto, il padre, con la schiuma alla bocca, la uccise e tornò a casa con il figlio. Non appena entrò, prese la bottiglietta con la Santa Manna dal comodino, si fece il segno della croce e bagnando con le gocce della Manna di San Nicola la moglie e i figli morti e disse: "Santa Manna di San Nicola, fai resuscitare la mamma e tutti i miei figli". 
Improvvisamente resuscitarono, la famiglia si riunì e vissero tutti felici e contenti.


STORIA ME' NON IE' CCHIU', MAL'A LLOR E BEN A NU
(la storia è finita, male a chi ci vuole male e bene per noi)

venerdì 27 gennaio 2012

Il mio viaggio lontano da casa

E' assurdo. Da quando è iniziato il nuovo anno non mi ero ancora deciso a scrivere, nonostante l'infinità di spunti che la vita e gli amici mi offrono. Avrei potuto parlare di comportamenti a dir poco singolari, di prese di posizione che durano pochi secondi per poi accasciarsi sulla posizione diametralmente opposta. Oppure anche di lotte intestine per il potere(chissà poi quale potere). Mi sarebbe piaciuto parlare della situazione del nostro paese, cercando di capire se ce ne stiamo veramente andando al diavolo oppure se una dose di sudore e sangue davvero avrebbe potuto salvarci. Al contrario, ho deciso di parlare del viaggio.
Anche solo l'idea del viaggio mi affascina, è così da sempre. Mi da l'impressione di quella libertà che cerco da quando sono bambino, mi crea nella mente immagini poetiche di tramonti in posti sconosciuti, silenzio di tomba e un paesaggio infinito che può solo farti pensare a quanto siamo infinitesimali rispetto all'universo.
Lo spunto me lo hanno dato le persone che mi sono sempre accanto anche quando non ci sono, dal viaggio di chi non ha sconfitto l'aria di trasferta e ora torna a casa  a quello di chi ormai sembra un pendolare, intrappolato nella spola tra il futuro e il presente; da quello di chi sembra decisa a lasciare il nido per spiccare il volo a quello creatosi nella mia mente, nel quale qualcuno sceglierà la via più ovvia lasciandosi alle spalle parte del suo cuore.
Credo che sia nella natura dell'uomo viaggiare. L'uomo delle caverne si spostava continuamente alla ricerca di terreni fertili o selvaggina; i Romani iniziarono ad espandersi per tutto il Mediterraneo alla ricerca di nuove fonti di profitto; l'America nel Seicento fu invasa da gente che cercava una nuova vita nel nuovo mondo, e così via. I nostri nonni partivano con le loro valigie di cartone in cerca di un futuro migliore, e i nostri padri hanno iniziato a conoscere gli spostamenti per lavoro, sopratutto quello dipendente. E noi? Noi siamo la generazione del 2000, e in questo mondo globalizzato, nel quale può capitare di trovare un tuo concittadino che lavora all'aeroporto della città più bella che esista e anche che un gruppo di amici, per festeggiare un lieto evento quale è l'acquisizione di un pezzo di carta con su scritto "110 e lode", debbano spostarsi in massa attraversando la nazione.
Secondo me, almeno per noi abitanti dello stivale, continuare a pensare di vivere tutta la vita in un unico luogo è anacronistico, oltre che probabilmente sconveniente. Ormai le distanze non esistono più. E poi casa è dove appendi il cappello. O, come preferisco, ovunque ci siano le persone che ti riempiono la vita, rendendo questo viaggio(...) decisamente più veloce e molto più gradevole